Famiglia TOGNONI


TOGNINI, ANTONIONE, ANTONIONI, ANTONIOTTI, ANTONIOTTO

TOGNONI, TOGNINI, ANTONIONE, ANTONIONI, ANTONIOTTI, ANTONIOTTO: tutti questi cognomi dovrebbero derivare dall'aferesi e da modificazioni dialettali del nome italiano Antonio, di origine etrusca, per divenire in epoca latina il nome di una importante gens romana, di cui il più famoso rappresentante fu sicuramente Marco Antonio, amante di Cleopatra e morto a Cartagine. Il cognome si diffonde in tutta Italia all'avanzare della conquista dell'esercito romano, subendo qua e là numerose varianti che portano a cognomi come Antonelli, Antonioni, Tognazzi, Antonini, De Antoni ecc. In epoca successiva, la diffusione del nome personale si deve soprattutto alla grande venerazione di sant'Antonio abate, e poi di sant'Antonio da Padova. Il cognome Tognoni (quale derivazione di Antonio), potrebbe significare “nato prima”: in chi lo porta dovrebbe infatti farsi valere l'istinto a precedere, affrontare e combattere. Oppure la radice potrebbe essere la parola greca anthos che significa fiore. Nel nostro comprensorio castelnovese è attualmente diffuso in tutte le frazioni; tuttavia si ritiene che una buona parte dei Tognoni derivi da un unico ceppo facente capo ad un Tognoni di Bardine, là presente fin dalla fine del 1400, ed il cui figlio Domenico nasce a Castelnuovo nel 1530. Sarà questo discendente che aprirà la numerosa progenie castelnovese. Tuttavia la prima iscrizione di matrimonio di un capostipite di questa famiglia risale al 4 maggio 1618, matrimonio tra Tognoni Michele e Ferrari Margherita. Notizie più complete risalgono alla prima metà del 1800, quando incontriamo Francesco Tognoni che fu acceso sostenitore del movimento garibaldino, tanto che la recente riesumazione della sua salma sepolta nel cimitero di Castelnuovo ha riportato alla luce la camicia rossa di garibaldino da lui indossata. Francesco era fratello di ben altri 12 rampolli di cui alcuni, in età matura, si trasferirono nella località pedecollinare chiamata “Benetin”. Un figlio di Francesco, nato verso la metà del 1800, si chiama Rodolfo. Buon conoscitore di lingue estere, ma soprattutto dotato di spiccato talento musicale e di pronunciata vocazione pedagogica, svolge la duplice attività di insegnante di musica e di maestro elementare a Castelnuovo, spingendosi fino alla lontana frazione di Marciano dove impegna il proprio tempo ad educare quei bambini figli di gente modesta, non solo nelle tecniche del “leggere, dello scrivere e del far di conto”, ma anche nell'arte sopraffina della musica. La preparazione degli scolari diventa eccellente, tanto che in sede di esame, in chiusura del ciclo elementare, la commissione giudicatrice avente sede a Sarzana, ritiene semplicemente formale la prova di giudizio, essendone assicurata la larga positività dalla fama del maestro. Rodolfo muore nel 1918, lasciando eredi di tanta dirittura morale e di spinte culturali i figli Giorgio, Lina e Paola, nati dal matrimonio con Elisa Lazzotti. La Famiglia Tognoni Giorgio (il generale) A questo punto ci soffermiamo sulla figura di Giorgio, in virtù delle particolari vicende che lo accompagneranno nella sua esistenza. Egli nasce a Castelnuovo Magra nel 1894. In età giovanile trova occupazione a Genova presso un'industria petrolifera. Richiamato alla leva militare segue il corso di allievo ufficiale, essendo diplomato, e partecipa quindi al primo conflitto mondiale, col grado di sottotenente. Nel corso di un violento scontro sul monte Sabotino nella giornata del 21 ottobre 1915 viene ferito al braccio destro; incurante di ciò sprona il plotone al combattimento, ma presto una scheggia lo colpisce di nuovo asportandogli la falange di una mano. Impavido, impartisce ancora ordini e infonde coraggio ai suoi soldati finché una successiva granata lo ferisce gravemente alla testa privandolo della vista. Rifiuta ogni soccorso resosi drammaticamente indispensabile, incoraggiando per contro la propria truppa a continuare l'azione in corso. Dopo l'allontanamento dalla linea di fuoco e le necessarie prime cure chiede di tornare al fronte per svolgervi una attiva azione di propaganda. Intanto il padre Rodolfo viene raggiunto a Castelnuovo dalla notizia del drammatico evento, e allora si mette in viaggio alla ricerca disperata del figlio che trova finalmente, dopo un'odissea di fatiche e di ansie, a causa anche dei precari mezzi di trasporto di quei tempi, in un ospedale dell'alta Italia. L'atto eroico fa meritare a Giorgio Tognoni la medaglia d'oro al valor militare, insignitali sul campo, la prima di tal genere in Italia nel corso delle tremende vicende di quel conflitto. L'avvenimento commuove profondamente amici e parenti, tanto che in occasione di un rientro di Giorgio a Castelnuovo, il nonno Francesco (Checco) ex garibaldino, gli consegna un encomio scritto che recita “Tu hai continuato a fare ciò che io avevo iniziato nella battaglia di S. Martino!” Le testimonianze di riconoscenza e di stima giungono da ogni parte, finanche dai Reali di Savoia; a Roma nel complesso monumentale dell'Altare della Patria viene rappresentato in un busto in bronzo, accanto a quello di altri eroi, ai cimeli e alle bandiere che hanno fatto grande l'Italia. Una toccante e significativa prova d'affetto gli è stata tributata dai colleghi del “Gruppo medaglie d'oro” che, a guerra finita, gli hanno fatto recapitare una grossa pietra tratta dal Monte Sabotino, con sopra una targa incisa con questa frase: “Dal monte infernale dove si spensero gli occhi e si illuminò la fede di Giorgio Tognoni le medaglie d'oro trassero una pietra in segno d'amore. Monte Sabotino 21-X-1924”. Durante il suo soggiorno romano assunse l'incarico di presidente dei mutilati di guerra, Istituto che a poco a poco - grazie alla sua infaticabile opera - assume l'importanza e la dignità che gli sono dovute. Percorrendo la carriera di “ruolo d'onore” che lo porterà al grado di generale di brigata, si apre a nuove esperienze, scrivendo anche un libro autobiografico molto apprezzato dal titolo “La grande luce”. Tornato a Castelnuovo sposa Delia Morachioli del capoluogo, con la quale si trasferisce ancora a Roma dove ha tre figli: Maria Elisa, Vittorio e Giovanna. Il figlio Vittorio consegue la laurea in giurisprudenza e si impiega in un'industria petrolifera con sede nella capitale. Sposa Adriana Campitelli docente universitaria a Roma, dalla quale ha 2 figli: Giorgio, avvocato, e Marianna. Nel 1972 una morte prematura lo sottrae all'amore dei propri famigliari, facendo maturare nel padre Giorgio la decisione dolorosa ma irrevocabile di abbandonare ogni occupazione romana per trasferirsi definitivamente nella natia Castelnuovo. Qui comincia l'attività di vignaiolo. Ottimo conoscitore del campo enologico, ma soprattutto animato da un grande amore verso la natura, realizza, su una proprietà lungo una costa della collina castelnovese chiamata “Linero”, un vigneto che, nel volgere di pochi anni, fornirà un prodotto di raffinate qualità (un vero D.O.C. ante litteram). Il generale Tognoni (più semplicemente chiamato “il generale”, tanto facile è riconoscerne l'identità) ha finalmente modo di esprimere appieno la propria natura di uomo prodigale, filantropico e … salottiero. Invita alla propria casa (l'occasione di saggiare il suo vino è in fondo un pretesto per argomentare su temi di cultura e di politica) personalità di alto livello. Mario Soldati, il grande fisico Ségre, Giorgio Amendola, Eugenio Montale e molte altre figure di spicco sono presenti nel salotto-cantina di Giorgio. Spesso vi si incontrano anche amici locali come Angelo Paracucchi, Arrigo Petacco e il giovane giornalista Salvatore Marchese (parente indiretto del “generale”) allora agli esordi dell'attività, e che in quelle occasioni ha modo di fare amicizia con Paracucchi e Veronelli. Intorno al caminetto, d'inverno, alla tremula luce dei tizzoni si raccontano storie di fantasmi … E' leggenda popolare ormai che fra le mura di questa casa si aggirasse, nelle notti tempestose e in tempi lontani, il fantasma di Biagio Cecchinelli, antico proprietario del palazzotto, come testimoniato dalla targa in pietra da lui stesso murata nel 1702 nell'annesso cortile. Dunque era d'uso fin dai tempi remoti, che la fine delle feste di carnevale venisse celebrata con un gran ballo nel salone del palazzo, nel corso della quale veniva portata una bara contenente il fantoccio di un cadavere. Ebbene, in occasione di una di tali feste fu portato il cadavere vero di Biagio Giuseppe Cecchinelli, ucciso per aver sedotto una donna sposata! Ma torniamo ai nostri veri ospiti riportando un simpatico aneddoto su Montale. Trovandosi un giorno a conversare con Emanuela (nipote di Giorgio per via della figlia Maria Elisa) le chiede l'esito dell'esame di maturità appena affrontato da quest'ultima. “Bene, - essa risponde - ma ho avuto qualche difficoltà nella prova orale di italiano; infatti - continua - mi hanno fatto domande su OSSI DI SEPPIA e devo confessare che sull’argomento non ho capito niente!” “Si rinfranchi signorina, risponde il grande poeta ermetico, autore della famosa raccolta, neanch'io ci ho capito un granché...” L' enologo Veronelli, in occasione di una sua visita alla cantina “Linero”, degustando un ottimo “barbera”, ritenuto impossibile per le condizioni climatiche non propizie della zona castelnovese, ebbe ad affermare: “In questo vino si sente l'amore del vignaiolo che l'ha creato!”. Fra i riconoscimenti e gli onori che vengono tributati a questo illustre personaggio dobbiamo ricordare anche la centrale idroelettrica alimentata con le acque del Canale Lunense e inaugurata a Sarzana nel 1936, intitolata a suo nome. Molte cose ancora potremmo dire sulla figura di soldato-imprenditore-vignaiolo del “Generale”, ma quanto sopra accennato è sufficiente per evidenziare il profilo di un uomo in cui la generosità, l'onestà e il senso del dovere hanno ampiamente dimorato, dietro l'insegnamento di altri “galantuomini” dell'800. Giorgio Tognoni si è spento nel 1977 nella sua amata Castelnuovo a pochi mesi dalla morte della sua fedelissima moglie, che per anni ha rappresentato i “suoi occhi”, i “suoi passi”. La stirpe di questo ramo dei Tognoni oggi continua col nipote Giorgio, suo omonimo, figlio di Vittorio e che attualmente è avvocato a Sarzana. La figlia del “generale”, Maria Elisa, ha vissuto a Castelnuovo nella casa paterna, col marito Giangiacomo Pasqua ex dirigente dell'industria farmaceutica Pfizer, col quale ha avuto una figlia, Emanuela già ricordata nell'aneddoto di Montal e oggi vivente a Roma. Ricordiamo infine la figlia Giovanna che ha sposato Giorgio Toffoletti con cui vive a Roma insieme con i 3 figli Isabella, Alberto e Antonio. La Famiglia Tognoni (Sindaco di Castelnuovo) Dal ceppo dei Tognoni di derivazione fosdinovese (di Bardine), trasferitosi poi a Castelnuovo Magra in località “Benetin”, discende un altro ramo, quello di Giuseppe Tognoni, sposatosi nel 1847 con la compaesana Cecchinelli Anna Rosa da cui ha avuto molti figli. Fra questi compare Settimo: il nome ne sta ad indicare l'ordine cronologico della nascita che è datata 1896. Costui morirà giovanissimo, nel 1916, lasciando erede il figlio Giuseppe, nato nel 1915 ed oggi ancora vivente. Giuseppe percorrerà tutta l'esistenza facendo l'agricoltore sia in proprio sia a mezzadria nella piana di Castelnuovo Magra; ma in età giovanile, allo scopo di arrotondare gli scarsi cespiti della famiglia, intraprende il mestiere di barbiere, tenendo bottega in un minuscolo locale, ancora oggi esistente, nella piazzetta Marconi di Molino del Piano; nel proprio lavoro è aiutato dal garzone Mario Giacomelli, futuro sindaco di Castelnuovo; (curioso destino questo del nostro Giuseppe: essere “padrone” e rispettivamente padre di due sindaci dello stesso comune: Mario Giacomelli, ed il futuro figlio Alberto!). L'esistenza di Giuseppe Tognoni è priva di grossi avvenimenti. Infatti essa si svolge nel rispetto del prossimo, nell'obbedienza alle leggi, e, soprattutto nell'attaccamento alle cose di proprietà; le stagioni si susseguono nell'inesauribile lavoro dei terreni che molti proprietari dopo l'ultima guerra vanno abbandonando per dedicarsi ad attività più redditizie e che Giuseppe si impegna ad acquistare, sia nella zona di Molino del Piano, sia “sotto ferrovia”, allargando a poco a poco il patrimonio della famiglia ed assicurando ad essa uno stato economico via via più tranquillo. Giuseppe Tognoni aveva sposato, nel 1945 Segnani Ultima, oggi non più vivente, meglio conosciuta col nome di Élia, ed abitante nella frazione di “Cento Tetti”. Ottava di tanti fratelli, era figlia di un certo “Berleso”, personaggio strano, di temperamento anarcoide, molto noto per le sue numerose frequentazioni nel regno di … Bacco, ma in fondo persona oltremodo onesta. Ebbene, Ultima Segnani dà alla luce due figli: Alberto nel 1947 e Danilo nel 1961. Danilo attualmente è artigiano, ma continua l'attività agricola del padre dal quale ha acquisito preziose esperienze, che - con le proprie iniziative - ha fortemente migliorato, dedicandosi alla produzione biologica. Alberto, dopo aver completato il ciclo di scuole elementari sotto l'insegnamento del maestro Socrate Morachioli di Colombiera, si iscrive presso la scuola media Carducci di Sarzana dove incontra difficoltà in “latino”. Rimandato in varie occasioni in tale materia, rinuncia a proseguire gli studi, con grande rammarico del padre Giuseppe, ed inizia a svolgere l'attività di idraulico; ma raggiunta, un'età più matura, ritiene indispensabile completare il ciclo delle scuole medie inferiori; si iscrive pertanto ad un corso serale che gli permette di superare brillantemente l'esame di licenza media. Prosegue tuttavia l'attività di idraulico con altri amici compaesani i quali a poco a poco ingrandiranno la propria attività divenendo chi imprenditore, chi facoltoso commerciante, mentre Alberto, animato da spinte culturali diverse, ma soprattutto da una gran voglia di viaggiare e di conoscere il mondo, impegna larga parte del proprio tempo a compiere viaggi che lo porteranno nel volgere degli anni in tutta Europa: Si muoverà quasi sempre “in solitario” utilizzando qualsiasi mezzo di trasporto, dal treno al vecchio camper, all'autostop. Ma queste “avventure” gli aprono la mente, peraltro già ricca di conoscenze e di stimoli forniti dall'assidua lettura. Negli anni '70 frequenta con interesse il corso di cineforum organizzato dall'amico Ariodante Roberto Petacco di Castelnuovo il quale lo sensibilizza a questa nuova forma di cultura, rendendolo particolarmente esperto nel campo cinematografico. Un giorno, in occasione di un incontro con un dirigente dell'ARCI di Sarzana allora impegnato nella programmazione di una serie di films, Alberto viene invitato a far parte del comitato organizzatore di tale programmazione, viste le sue competenze in materia. L'invito viene accettato con entusiasmo da Alberto che, nel giro di pochi anni, raggiunge l'ambita carica di Presidente nazionale di una delle 9 associazioni di cultura cinematografica, nell'ambito dell'ARCI, riconosciuta dall'allora Ministero del Turismo e dello Spettacolo. Questa esperienza sarà condotta avanti per molti anni. Alberto non trascura la politica nella quale si impegna fino ad essere nominato, nelle elezione del 1995, sindaco del Comune di Castelnuovo, carica che detiene tutt'oggi. Nel 1969 si era sposato con Musetti Lucia di Ortonovo dalla quale ha avuto due figli: Nicola (nato nel 1980), oggi frequentante il DAMS di Bologna, ed Alice (nata nel 1984), neo diplomata al liceo scientifico di Sarzana. La Famiglia Tognoni Francesco di Molino del Piano (da memoria scritta rilasciata dalla moglie Graziella Graziano, settembre 2003) Questo ramo dei Tognoni è una delle derivazioni dal primitivo ceppo proveniente da Bardine nel fosdinovese, stabilitosi a Castelnuovo in località “Benettin” situata tra il torrente Bettigna ed il canale Semùa, vicino al cimitero del capoluogo. Capostipite di questi discendenti è Tognoni Francesco “da Benetin”, nato nel 1888 da numerosa famiglia, come altre di quel tempo. Si sposa con Ermelinda Sergiampietri, andando ad abitare a Molino del Piano, in via Gora, nella casa di Luì dei Molizai. Qui il 12 agosto del 1915 nascono Araldo Tognoni, soprannominato poi “Arà de Marzan”, e più tardi la sorella Maria. Francesco è uno dei fondatori della Pubblica Assistenza di Molino del Piano. Muore nel 1921 a soli 33 anni. La vedova va ad abitare, con i figli, a Marciano, a mezzadria del dott. Paolo Filippi. Araldo, in età da soldato, parte per la seconda guerra mondiale come alpino nella mitica divisione "Iulia". Dopo varie traversie, rientra sano e salvo, mentre invece la sorella Maria muore a 17 anni. Si fidanza e nel 1940 si sposa con Dadà Domizia, una giovane donna, sua coetanea, di buona famiglia, molto religiosa. Nascono 3 figli: Paolo nel 1942, Francesco nel 1946 e Mario nel 1952. Araldo lavora alle Fornaci di Filippi, dove ogni giorno arriva scendendo a piedi da Marciano. E' proprio per questo che, nel 1957, decidono di trasferirsi in un' abitazione in affitto a Molino del Piano. Poco lontano acquistano poi un terreno dove, con enormi sacrifici, ma tanto amore e soddisfazione, iniziano a costruire la propria casa. Intanto i figli crescono... Nel 1968, il primogenito Paolo, ufficiale dell'Esercito di stanza a Trento, conosce e sposa Giovanna Cattani, trentina. Si stabilisce nella città stessa di Trento, dove lavora come insegnante presso un Istituto Tecnico Industriale. Lì nasce la loro figlia Silvia. Francesco si sposa nel 1970 con Graziella Graziano, castelnovese. Dalla loro unione nascono Annalisa e Marco. Mario, il terzogenito, è un bravissimo elettricista ed ha trovato la serenità con la sua compagna, Adonella Baudone, castelnovese. Francesco, ha avuto un significato molto importante nella vita sociale di Castelnuovo. Fin da ragazzo milita, così come i suoi fratelli, nelle fila dell'Azione Cattolica retta da don Dino Cipollini. In seguito, benché pienamente occupato come perito chimico presso la fonderia di piombo di Pertusola (ora denominata PbO) a La Spezia, entra come attivista nel partito della Democrazia Cristiana. Ricopre la carica di segretario della sezione comunale per 17 anni, fa parte del consiglio provinciale e viene eletto consigliere comunale per varie legislature. Nel 1986 entra a far parte della ricostituenda "Pubblica Assistenza Croce Bianca" di Castelnuovo e sezione Ortonovo (proprio come il nonno, suo omonimo, all'inizio secolo), fino a ricoprire la carica di vice-presidente nel 1996. Però nel gennaio 1997 muore improvvisamente, lasciando nel dolore tutta la sua famiglia ed un grande vuoto anche nella comunità castelnovese. l suoi genitori, prostrati dalla tragica perdita, gli sopravvivono poco tempo. Araldo si spegne nel 1999, Domizia nel 2000. Nella casa costruita con tanto amore e depositaria di tanti ricordi, è rimasta la moglie con i figli, nell'attesa che Paolo, raggiunta ormai l'età pensionabile, si trasferisca definitivamente dal Trentino nella sua Castelnuovo.

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