Famiglia SEGNANI
SEGNANI: assolutamente rarissimo, potrebbe essere di origine friulana, ungherese o croata.
… Sul lato nord, ovvero "da bora", Fiume è dominata dalla collina del Calvario, più in là da Lopaccia e ancora più in là si trova Grobnico con la sua piana in cui "nel 1243 i Senjani detti anche Stienjani, latinamente Senienses, in italiano “Segnani ", accorrendo in aiuto al re ungherese Bela IV, "sconfissero e dispersero e trucidarono cinquantaseimila Tartari", ragione per cui "da allora la località si chiama Grobnik e Grobenik, perché i Tartari vi trovarono la loro tomba" (da grob=sepolcro).
Il primo Segnani battezzato a Castelnuovo, l’ 11 settembre 1573, risulta essere tale Domenico di Leonardo, a cui succedono i molti Segnani con numerosa prole.
La famiglia Segnani (i “Fornari”)
Il soprannome “Fornari” di questa famiglia sta ad indicare l'attività dei progenitori, presenti nel nostro comune.
Possedevano ampi appezzamenti di terra nell'area compresa fra via Pedemontana, via di Mezzo e via Carbone dove gli ultimi discendenti hanno ancora qualche proprietà. Oltre al lavoro dei campi svolgevano quello di panettieri: circostanze che fornivano un certo benessere a tutti componenti della famiglia. Molti di questi col tempo divisero fra loro le proprietà, trasferendosi alcuni in zone circostanti e dando così inizio ai vari rami che oggi sono presenti in un ampio territorio, non soltanto castelnovese.
Le notizie che abbiamo raccolto dagli ultimi eredi ci informano che buona parte di questo ceppo famigliare era stata colpita da quella malattia che veniva chiamata “mal sottile” e a cui difficilmente si sopravviveva. Ma grazie alla notevole prolificità della famiglia, la stirpe Segnani è riuscita a continuare nel tempo e a consegnarci la sua storia.
Giungiamo così al 1870 con Segnani Carlo che, abitando con i suoi predecessori nell'antica terra della zona pedecollinare castelnovese, continuò ad esercitare il lavoro di contadino in proprio, arrotondando i modesti proventi della terra con l'attività di trasportatore di marmi.
Infatti con l'aiuto di una robusta coppia di buoi si recava spesso in quel di Carrara per trasportare i prodotti delle cave. Era molto affezionato a quel lavoro che gli dava occasione di allargare guadagni e amicizie, oltre a quella di poter “visitare” le varie osterie lungo il cammino; visite che non soltanto gli davano forza nella dura attività, ma anche gli permettevano una “distrazione” dalle disgrazie che colpivano la sua famiglia, tra cui soprattutto la morte per tisi di vari figli avuti dopo il matrimonio con Neri Viola.
Forse era un pò eccessivo nel bere, tanto che la moglie soleva spesso lamentarsi esclamando: “Come 'i vede 'n fraso, i bo' 'i s'aferme”, con chiara allusione all'istintiva “fermata” dei buoi davanti alla consueta frasca di alloro, in bella vista sopra la porta delle osterie.
Della numerosa figliolanza erano rimasti in vita: la primogenita Pietrina che come era in uso in quei tempi mai si sposerà per accudire ai bisogni della numerosa famiglia, la sorella Marina, il fratello Luigi e l'ultimogenito Giuseppe nato nel 1902.
Giuseppe già da bambino mostra di possedere una intelligenza vivace che gli fa meritare la frequenza fino alla classe VI a cui, in quel tempo di diffuso analfabetismo, solo pochi … eletti avevano modo di accedere .
Più tardi si distingue per l'abilità di realizzare zoccoli in legno di ontano da lui stesso lavorato a colpi di subbia e lima, ed assai richiesti per la loro robustezza e anche per l'eleganza della tomaia che il nostro buon artigiano riusciva via via a reperire fra gli scampoli di fortuna.
Era molto abile nella lavorazione del legno e assai lungimirante. Infatti, com'era in uso a quel tempo nelle nostre campagne, provvedeva di persona a piantare giovani alberi di ciliegio, per poi tagliarli e stagionarli quando i figli, raggiunta l'età del matrimonio, avrebbero dovuto arredare la casa con i mobili tratti da quello stesso materiale.
Il nostro buon Giuseppe ha lasciato agli eredi molte testimonianze del proprio lavoro artigianale di questo settore, le quali costituiscono attualmente non solo un caro ricordo, ma anche un valore di antiquariato.
A Colombiera vivevano molti falegnami, ma fra tutti si distingueva un certo “Millimetro”, così soprannominato per la sua meticolosa precisione nel costruire letti, guardaroba, comodini e quant'altro servisse agli usi domestici.
Finalmente trova lavoro come dipendente, presso ditte che lo impegnano nel compito di sistemare le traversine di legno sulla strada ferrata in via di realizzazione: ciò gli consente di uscire dallo stretto ambito della frazione di Colombiera, dove aveva sposato Nardi Eugenia nel 1923; infatti verrà mandato spesso in trasferta dalle parti di Equi, di Pontassieve e altrove.
Verrà poi definitivamente assunto presso il Genio Marina, lavorandovi fino all'età della pensione. Vogliamo ricordare che il matrimonio con Eugenia si era svolto con una cerimonia estremamente semplice, a causa della recente morte del padre della sposa.
Desideriamo proporre la foto della salma, per la cruda drammaticità che essa esprime e che sembra il fotogramma di un film
di alta espressività neorealistica.
I coniugi Giuseppe ed Eugenia hanno tre figli: Wilma nel 1924, Carla nel 1930, andata poi in sposa a Rossi Umberto (Bertino), e Carlo nel 1936.
Per le drammatiche connessioni con l'ultimo conflitto mondiale, desideriamo ricordare la breve storia di Wilma, raccontataci da lei stessa.
All'età di 18 anni (siamo nel 1942, in pieno conflitto) è obbligata, secondo le leggi allora vigenti, ad entrare nel corpo delle crocerossine; ma la madre, paventando i pericoli connessi con tale circostanza, riesce a farle ottenere un posto come operaia presso le locali miniere di carbone, le quali esoneravano i propri dipendenti da altri obblighi con lo Stato. Wilma è stata protagonista di un drammatico episodio che ancor oggi, a 60 anni di distanza, ci viene riferito con grande emozione.
Sul finire della guerra molte case di Colombiera, e di altre zone d'intorno, erano occupate da truppe tedesche, per la vicinanza del fronte, fermo sulla linea gotica di Pietrasanta. Esse avevano la precisa consegna - sotto il rigido controllo della polizia militare - di non arrecare molestie alla popolazione civile.
Un pomeriggio, Wilma, giovane ventenne, improvvisamente viene a subire pesanti attenzioni da parte di un soldato ubriaco, presente al piano superiore della sua abitazione. Le sue grida di aiuto provocano l'immediato intervento della ronda militare che induce quel male intenzionato a liberare la ragazza: questi la scaraventa giù per le ripide scale esterne; solo la provvidenziale presenza del padre giunto nel frattempo e che la raccoglie fra le braccia, le impedisce fortunosamente di subire gravi conseguenze.
Un altro episodio raccontato da Wilma, mette in evidenza l'estrema indigenza in cui versava la popolazione delle nostre contrade, specie sul finire di quel conflitto.
Durante la loro ritirata, le truppe tedesche caricavano sui propri automezzi tutto ciò che poteva costituire un bene: mobili, libri, quadri e - quando possibile - animali da macello e da lavoro.
Un automezzo in transito a Colombiera sottrae alla famiglia della povera Wilma una pecora: unica fonte di ricchezza per ricavarne lana e cibo (latte e formaggio). La giovane insegue disperatamente quel camion gridando e invocando la restituzione del prezioso ovino (come non ricordare la scena di Anna Magnani nel film “Roma città aperta”?) …; ma, al posto di quello, un soldato scaglia sulla strada un tavolo antico, oggetto inutile a quel tempo ma … oggi raffinato pezzo di antiquariato gelosamente custodito nella casa della derubata….
Anche il padre Giuseppe, a sua volta, era stato oggetto di gravissime minacce da parte di fascisti e, pur non appartenendo a nessun schieramento politico, aveva
dovuto compiere rocambolesche fughe, come ricercato, durante la resistenza.
Wilma si è sposata nel 1948 con Tognoni Ulisse. Oggi ha una figlia, Nuccia, impiegata presso l'ufficio delle imposte dirette di Sarzana.
Il terzogenito Carlo, vedovo di Polloni Lena, ha sempre vissuto come la sorella Wilma a Colombiera, dove vive pure il figlio Luca quarantenne, marito di Bertella Tamara.
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