Famiglia SCOPES


SCOPPES, SCOPS, SCOPIS, SCOPISE

SCOPES, SCOPPES, SCOPS, SCOPIS, SCOPISE: probabili derivazioni del latino “scopis”, “scopo” Secondo le testimonianze più recenti relative al ramo Scopes, l'origine è da ricondursi probabilmente a personaggi al seguito delle armate napoleoniche, iniziatori poi di una dinastia che si insedia stabilmente a Castelnuovo in località “Centotetti”, in virtù delle occupazioni trovate nelle nascenti miniere di carbone. Viene ricordato un certo Pietro Scopes (nato verso il 1880) soprannominato “Bozzello”, lavoratore presso le fornaci Filippi. Partecipa alla Iº guerra mondiale e alla ritirata di Caporetto dove resta ferito dallo scoppio di una granata. Viene riconosciuto grande invalido di guerra per le gravi lesioni interne provocate dallo spostamento d'aria di quella esplosione e che gli compromettono l'apparato cardiaco e respiratorio. Al ritorno dal fronte si reimpiega presso le fornaci con mansioni più adeguate alla sua infermità. Dalla moglie Marcesini Erminia aveva avuto 8 figli di cui tre maschi: Gino, Mario e Lorenzo. Padre dotato di spiccata sensibilità e amore verso la famiglia, Pietro ogni mattina, prima di partire per il lavoro, provvede personalmente a distribuire a ciascuno dei figlioletti il pane per la prima colazione. La moglie Erminia di carattere più forte sapeva tenere testa in maniera decisa ad ogni avversità, tanto che si racconta durante il periodo dell'”autarchia”, una volta seppe rivoltarsi, brandendo un forcone, contro le guardie dell'”annonaria” che si erano presentate a casa sua con atteggiamento arrogante, per certi controlli sulla produzione agricola della sua famiglia. A chi le chiedeva i motivi da tale reazione esagerata andava esclamando: “I' venia a contare e' rape der granòn”. In tarda età, in punto di morte, la donna durante l'Estrema Unzione impartita dal parroco Don Dino, ebbe a rivolgersi a questo povero Ministro di Dio, avvertendolo (sollevando una palpebra): “A te, o moro, a nénche mia ora! …” Dei tre figli sopra accennati ricordiamo in particolare Mario, per le sue complesse vicende che ne segnano un importante periodo della vita. Mario Scopes nasce nel 1922 e già in età adolescenziale lavora (come il padre) presso le fornaci refrattari Saudino aventi sede, a differenza di quelle di Filippi, lontano dalla sua abitazione, e precisamente a Sarzana. Ciò costringe il giovane Mario a recarvisi ogni mattina percorrendo il lungo tratto di strada sul bordo della ferrovia, essendo questo un percorso più breve. Arrivato in fabbrica era impegnato per 10-12 ore al giorno a spingere i carrelli per il trasporto dei materiali solidi, procurandosi una immaginabile stanchezza. Spesso al ritorno a casa quasi non aveva la forza di coprire l'ultimo tratto per raggiungere la porta, e si buttava a corpo morto sul vicino pagliaio dove la madre, impensierita per il ritardo alla cena, andava a cercarlo e a svegliarlo. Mario, poco prima dello scoppio del secondo conflitto mondiale, entra come operaio all'Arsenale Militare di La Spezia, partecipando di lì a poco alla campagna militare sui fronti di Albania e di Grecia, nel corpo dell'artiglieria pesante campale. Durante i tragici avvenimenti dell'8 settembre ‘43 si trova nei pressi di Cefalonia e dalla sua posizione avverte distintamente il rombo dei cannoni che danno inizio alla famosa resistenza della divisione “Acqui” contro i Tedeschi. Catturato dalle forze naziste viene deportato in Germania nel campo di Piesteritz, che raggiunge dopo un viaggio di ben 14 giorni su un carro bestiame. Qui si apre un drammatico capitolo che vede Mario protagonista, come tutti gli altri prigionieri, delle tragiche vicende descritte in una ampia letteratura. Tuttavia riesce a sopravvivere a stenti e a varie malattie (pleurite e principio di congelamento agli arti inferiori) grazie alla ferma e lucida volontà di ricostruirsi una vita futura degna di un uomo. Finalmente viene liberato dall'Armata Russa il 17 aprile del 1945 e, appena è in grado di ripartire, intraprende il viaggio del ritorno in patria: un vero calvario, percorso a piedi, durante il quale sovente è costretto nella notte a dormire sugli alberi (legato ad una cinghia di cuoio che ancora conserva come prezioso cimelio delle sue sofferenze), per evitare furti o aggressioni di animali. Nel settembre del 1945 raggiunge il natìo paese di Castelnuovo Magra, presentandosi al fratello maggiore che, come i genitori incontrati subito dopo, lo riteneva morto dopo un così lungo silenzio. A poco a poco riprende la vita civile ed il lavoro presso l'Arsenale di La Spezia. Nel 1951 sposa Vanello Natalina di Luni (appartenente alla famiglia dei “Luisotti”) dalla quale nascerà nel 1955 il figlio Paolo. Paolo, dopo il conseguimento del diploma di geometra presso l'Istituto “D. Taccagna” di Carrara, si iscrive alla facoltà di Medicina dell'Università di Pisa, dove consegue la laurea nel 1986. Oggi esercita la professione di medico a Castelnuovo dove vive in Colombiera con la moglie Morachioli Ornella e la figlioletta Nicole.




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