Famiglia LOMBARDI
LOMBARDI, LOMBARDO: dall'appellativo medioevale “lombardo” (da longobardo), “abitante, oriundo, dell'Italia settentrionale”.
Tale cognome fu usato, per tutto il medioevo, quale appellativo di provenienza. Era, inoltre usato, con connotazione negativa, se non addirittura dispregiativa, per indicare alcune professioni esercitate dai lombardi che, oltre all'onorevole attività di mercanti, svolgevano le attività meno amate di banchieri o cambiavalute, nonché quelle di usurai.
Il primo Lombardi registrato a Castelnuovo Magra è tale Bartolomea di Andrea da Zanego battezzata il 29 ottobre 1576.
La famiglia Lombardi Michele, “er zopo”, di Colombiera
La vita economica a Colombiera ai primi del 1900 si sviluppa con modesta fortuna, legata soprattutto al lavoro dei contadini e ai proventi derivanti dal lavoro nelle lontane Cave di Carrara. Scarso il tempo libero e i divertimenti, limitata la vita sociale; i locali pubblici per gli incontri fra la gente sono scarsi e di poco rilievo: una mescita di vino con sala per occasionali feste da ballo gestita da Moracchioli Giuseppe e dalla moglie Nardi Maria è dislocata nella proprietà dell'attuale nipote Moracchioli Socrate (il “maestro”). Tale attività si sposta in seguito in zona più centrale, nell'odierna proprietà di Cidale Norma, assumendo la nuova caratteristica di vera osteria, con regolare e chiassoso gioco di carte sul retro dell'edificio; sulla porta d'ingresso campeggia una frasca di alloro, come era d'uso a quei tempi per segnalare a sporadici avventori questo tipo di esercizio pubblico.
I segni di una prima organizzazione industriale e commerciale degna di tale nome, si intravedono in questa frazione con l'apertura, se pur temporanea, delle miniere di lignite, i cui primi modesti effetti si fanno sentire in tutta l'area comunale e per l'appunto anche a Colombiera (frazione chiamata allora Aglione). La conclusione del 1º Conflitto Mondiale, col suo carico di lutti, porta anche qualche tentativo di conforto per le vedove di guerra alle quali, in particolari circostanze, il Monopolio di Stato affida la concessione per la rivendita di sale e tabacchi, con l'acclusa vendita di…chinino di Stato.
A Colombiera viveva da molti anni la famiglia di Lombardi Michele soprannominato “er zopo” proprietario di un piccolo laboratorio di falegnameria.
Era padre di una numerosa prole: Rizieri, Carlo (Adolfo), Bovo, Guerrino, Enrichetta, Mario e Giulia. A quest'ultima, giovane vedova di Salvetti Narciso deceduto al fronte durante il conflitto appena terminato, viene concessa la licenza di tabaccheria nell'anno 1919, una delle prime nel comprensorio comunale.
Suo fratello Rizieri, già esperto nell'attività di falegname appresa dal padre Michele, ma in quel tempo anche titolare di licenza di osteria in Colombiera, dapprima preleva la licenza di tabaccheria dalla sorella Giulia, poi, a seguito dello spostamento dell'osteria di Moracchioli Giuseppe verso la Via Aurelia (che verrà gestita da un certo Palei al cui nome sarà legata la fermata omonima degli autobus), potenzia la propria attività commerciale, allargandosi verso nuovi generi merceologici. Fornisce l'osteria di una macchina per il caffè espresso, la arricchisce con un campo di bocce, organizza una ben rifornita rivendita di giornali e mercerie varie, rendendo infine i locali più appetibili con l'istallazione di una gelateria artigianale, e che obbliga il nostro Rizieri a rifornirsi settimanalmente, per mezzo di una pesante bicicletta, dei necessari blocchi di ghiaccio presso un grossista di Sarzana.
Intanto le miniere di carbone, dopo alterne fortune, vedono uno sviluppo improvviso: infatti con l'inizio dell'autarchia del 1935 si aprono nel comprensorio castelnovese ed in particolare a Colombiera, nuovi pozzi e filoni per l'estrazione della lignite con conseguente richiesta di maggior mano d'opera che arriva a circa 700 unità. Ciò favorisce l'attività commerciale di Lombardi Rizieri che apre una trattoria con l'aiuto di vari lavoranti, nonché della moglie Moracchioli Silvia, del cognato Giuseppe (Beppe) ed in parte dei figli Sauro, Marisa, Franca e Clemente (Tino). Le vicende delle miniere sono a tutti ben note e vedono lo svolgersi di tragici avvenimenti come il disastroso scoppio del pozzo numero uno nel 1945 e, nell'anno 1952, la loro definitiva chiusura.
Ma ormai la buona stella della famiglia Rizieri, sostenuta da un discreto intuito imprenditoriale, ma soprattutto dagli enormi sacrifici e dalla assiduità dei suoi componenti, vede orizzonti positivi e ben delineati. Nell'immediato dopo-guerra i Lombardi intraprendono la vendita delle prime cucine economiche (in particolare della “Sovrana”) e negli anni '50 quella di cucine a gas (della Ditta Borghi) con annesse bombole di propano liquido (il famoso “BP gas”), non trascurando più tardi di arricchire l'esercizio pubblico (ormai elevato al ruolo di Bar) con cabina telefonica (una delle prime in tutto il comprensorio comunale) e con un bigliardino “Balilla”.
Ai primi degli anni '60 provvede ad aprire il distributore di benzina che si rivela provvidenziale per tutti i cittadini castelnovesi; infine vengono aperti il gioco del Totocalcio e del Lotto.
Ma la famiglia di Rizieri, scomparso nel 1964, non si è chiusa negli interessi puramente economici e commerciali: spinta da un atavico istinto del sapere (ricordato anche dai nomi Rizieri, Guerrino, Bovo tratti dai romanzi epici del tempo e letti assiduamente dall'avo Michele), impegna con determinazione le proprie energie anche nella cultura. Infatti dapprima si diploma Sauro, che sarà geometra capo presso il Comune di Ameglia, poi si laurea Marisa, con specializzazione in psichiatria e che per molti anni sarà aiuto primario presso l'ospedale psichiatrico di Volterra; si diploma Franca, che per 32 anni sarà insegnante elementare presso le scuole di Canale: moglie di Guido Taravacci (dottore in Chimica) e madre di Federica (dottoressa in economia e commercio e direttore di Banca a Sarzana) e di Alessandra (architetto d'interni a Roma). Infine consegue il diploma di geometra l'ultimogenito Clemente (Tino), oggi tecnico professionale edile a Milano e a sua volta padre di Silvia, laureatasi con lode alla Bocconi in scienze economiche e sociali ed oggi economista presso la Pirelli di Milano, è sposata col Dott. Fabio Comisso, ricercatore presso la “Recordati” di Milano; l'altro figlio di Clemente, Stefano, è impiegato a La Spezia come tecnico informatico, è marito di Spagnoli Federica (dottoressa in chimica con lode).
Vorremmo concludere auspicando che Stefano, l'ultimo discendente dei Lombardi, porti avanti il buon nome di questa famiglia che tanto ha dato alla frazione di Colombiera, insieme con l'operosità dei suoi concittadini.
La famiglia Lombardi Michele, “Troneta”, di Molicciara
Nelle nostre ricerche sulle origini di questa famiglia, contraddistinta fin dai tempi lontani col soprannome “Troneta”, abbiamo raccolto notizie che risalgono fino all'inizio della IIº metà del 1800, riguardanti un certo Luigi Lombardi. Egli si era sposato verso il 1870 ottenendo dalla moglie 3 figli: Angelo, Niné e Carolina.
Di questa stirpe che si rivelerà in seguito molto prolifica, seguiremo quella che ci porterà nel tempo attuale a Delfino e Mario Lombardi i quali hanno contribuito allo sviluppo commerciale della frazione di Molicciara.
Anticamente questa famiglia occupava un grosso edificio ubicato in via Palvotrisia nei pressi del Canale Lunense, dove prenderanno alloggio anche i discendenti fino all'anno 1964, quando il ramo di Delfino Lombardi si trasferisce a Molicciara.
L'attività principale dei Lombardi era quella legata al lavoro dei campi, per allargarsi successivamente, nel periodo della prima guerra mondiale, a quella di trasportatori di lignite delle locali miniere, e dei laterizi prodotti dalle Fornaci Filippi. Una coppia di buoi e due robusti cavalli erano bastanti per le esigenze di questa attività che veniva condotta solo da tre dei componenti della numerosa famiglia, mentre gli altri continuavano nella tradizionale coltivazione della terra.
Anche le generazioni future si impegneranno in numero sempre maggiore nel terziario, come trasportatori di generi merceologici differenziati in una gamma sempre più varia: marmi, ghiaia, calce ed altro, in un andirivieni di carri e carretti che impegnavano senza sosta l'intera famiglia. Le donne, accudendo in varia misura ai bisogni dei congiunti, tenevano sempre attivo il fornello, mantenendo sempre accesa la luce in cucina per l'intera notte (la gente esclamava: in casa Lombardi è sempre giorno!).
Coordinatore di questa che già si poteva considerare
una vera se pur primitiva impresa di trasporti, era Angelo il quale, nonostante il suo incessante impegno, non riusciva mai a farla decollare oltre le dimensioni artigianali, conservando peraltro una particolare passione per i cavalli che tanto beneficio fornivano alla sua piccola impresa. Nel 1880 Angelo si sposa con la compaesana Ricci Domenica da cui ottiene ben 9 figli.
Uno di questi è Egisto che nasce nel 1905.
L'attività iniziale di Egisto è quella di lavorante giornaliero presso le fornaci di Migliarina e presso altre ditte fra cui le miniere di lignite di Colombiera nelle quali per anni lavorerà nel caricamento del carbone sui carri ferroviari presso la stazione di Luni. Il lavoro era molto pesante dato che detta operazione veniva effettuata a mano con grossi badili, ed Egisto, di struttura corporea molto robusta, si distingueva nel rendimento giungendo a caricare in una sola giornata persino due vagoni.
In tarda età, richiamato nostalgicamente all'attività degli avi, torna al lavoro della terra nella sua proprietà.
Verso la fine degli anni '20 si unisce in matrimonio con Lombardi Ada (incontriamo spesso, in queste ricerche, matrimoni effettuati fra persone dello stesso cognome e talvolta imparentate fra loro).
Hanno tre figli: Delfino nato nel 1929, Mario (Marietto) nato nel 1935 e Alido nato nel 1937.
Il IIº conflitto mondiale costringe tutta la famiglia a sfollare temporaneamente a Vallecchia (e a soffrire i traumi in cui viene coinvolta tutta la popolazione locale), senza tuttavia subire eccessivi danni né tanto meno perdite di congiunti.
Delfino, a guerra finita si impegna in diverse esperienze lavorative, alla ricerca di quella che gli avrebbe consentito di realizzare le proprie aspirazioni: dapprima esercita un piccolo commercio di verdura raccogliendo ortaggi dai produttori locali, per rivenderli sulla piazza di Sarzana dove si reca ogni mattino di buon'ora inforcando una vecchia bicicletta. Vi arriva molto assonnato dopo una notte trascorsa nelle balere allora assai diffuse nelle nostre zone. In piazza S. Giorgio, sede del mercato, riesce a destarsi dal profondo torpore lavandosi abbondantemente la faccia con la gelida acqua della fontanella, ed iniziare quindi le operazioni del piccolo commercio.
Ben presto lascia quella attività molto stancante, per un lavoro più sedentario, divenendo apprendista calzolaio nella botteguccia di un certo Dario “Barbetta” (questa sarà l'occasione per aprirgli la fortunata carriera nel campo delle calzature).
Molto amante della musica, che gli fornisce anche il pretesto per allontanarsi dalle fatiche dei campi in cui i genitori sono ancora impegnati, va a scuola di violino a Sarzana presso il maestro Cabano (passione che lo impegnerà in futuro, con molti amici musicofili, in esibizioni dilettantistiche).
Nel 1947 apre un piccolo negozio di scarpe e ciabatte a Molicciara ( il primo nella zona) arredando gli scafali con le scatole delle calzature via via vendute al pubblico.
Di lì a poco apre una piccola barberia di fianco al negozio, ottemperando all'uno e all'altro impegno (di venditore di scarpe e di barbiere) con intelligenti scelte di tempo: infatti fra un'insaponata e l'altra si reca nel negozio adiacente a vendere ciabatte o altre calzature, senza urtare la sensibilità dei clienti già “insaponati” che di buon grado si sottoponevano alle lunghe attese, non essendo presi dalla frenesia che attanaglia oggi tutti noi!
Nel 1955 vende la barberia, ingrandisce il negozio di calzature iniziando contemporaneamente l'attività di rappresentante in questo settore merceologico, dapprima in qualità di subagente e poi in quella di titolare dettagliante per tutte le piazze della Toscana e di gran parte della Liguria. Questa esperienza condotta per circa 15 anni gli aprirà la strada per la rappresentanza presso i grossisti dislocati nel Centro Nord d'Italia.
Nel 1960 apre 2 negozi di calzature ad Aulla dei quali uno sarà gestito dal fratello Alido per 20 anni; nel 1979 fonda la società Euroscarpa a Empoli, per dare poi seguito all'apertura del IIIº negozio ad Avenza di Carrara.
Due anni prima il vecchio esercizio di Molicciara era stato trasferito nel nuovo locale confinante col Canale Lunense, e trasformato in supermercato di calzature (il primo del genere nel nostro territorio). A sua volta poi questo sarà convertito nella vendita di generi agricoli, col nome di Euroagraria, e di cui diventerà titolare il fratello Mario (“Marietto”).
Nel 1987 ha aperto un altro punto vendita a Sarzana.
Delfino si era sposato nel 1960 con Morachioli Norma che gli ha dato due figli: Gian Piero nel 1962 (oggi contitolare di Euroscarpa) e Luca nato nel 1969 (Oggi contitolare della società Euroagraria).
La famiglia Lombardi (dei “Cutei”)
Non ci sono state fornite notizie sicure sulla origine geografica di questa famiglia, se non quella che essa è presente nel nostro territorio già agli inizi del 1800. Dirette testimonianze degli ultimi discendenti ci riportano a Lombardi Pietro nato verso la metà del 1800, andato in sposo ad una certa Marianna che dà alla luce il figlio Giuseppe nel 1880. La famiglia prende alloggio presso l'edificio attualmente adibito a Caserma dei Carabinieri in via della Pace e messo a disposizione a quel tempo dai signori Ferrari dei quali i Lombardi diventano mezzadri.
Pietro era un uomo dotato di una notevole forza fisica, tanto da meritare il soprannome di “Pietrazzo” e che gli consentiva di svolgere con buon rendimento il lavoro dei campi a sia mezzadria e sia di altri presi “a giornata”.
Il figlio Giuseppe, ottimo muratore, prestava anche servizio presso vari signori di Sarzana (Colvara, Groppallo ed altri) che gli affidavano via via lavori di edilizia; addirittura quei proprietari, essendo in buoni rapporti con i titolari delle fornaci Filippi, avevano ottenuto da questi il permesso a che il buon Giuseppe potesse utilizzare le relative attrezzature per preparare i vari laterizi necessari alle opere da loro commissionate.
Tutta questa intensa attività gli consente di realizzare buoni guadagni che, da uomo molto previdente, utilizza per edificare la propria casa: quella che sorge in via della Pace all'attuale nº civico 81. Tale edificio è abbastanza importante perché, essendo tra i primi costruiti in tale zona, ha sempre costituito un “punto fiduciale”, essenziale per i vari rilevamenti topografici utilizzati spesso negli accatastamenti. Questa casa ha subìto danneggiamenti in vari periodi: durante il fascismo venne in parte incendiata per punire il proprietario che, non manifestando alcun orientamento politico, veniva considerato dal regime una figura non gradita; durante l'ultimo conflitto ha subìto un bombardamento che ha distrutto parte delle volte interne. Tuttavia oggi presenta ancora il gradevole aspetto che gli era stato dato nella prima fase di costruzione.
Giuseppe, proprietario di un buon appezzamento di terreno, sposa Baruzzo Assunta. Dal matrimonio Nascono Vittorio e Silvia.
Vittorio (“Vitò”) si è sempre distinto per le buone capacità artigianali nel campo edile. Richiamato durante la guerra d'Africa viene arruolato in Fanteria e, durante le prime fasi militari, subisce un grave infortunio alla gamba sinistra che gli crea difficoltà di deambulazione. Congedato, può riprendere il suo antico mestiere di muratore alle dipendenze di varie ditte locali con le quali realizza diverse opere ad Ameglia, Sarzana e Castelnuovo Magra. Era molto religioso ed osservante del proprio credo che dapprima lo vede seguace del cattolicesimo e, in un secondo tempo, del movimento evangelista allora piuttosto attivo nel nostro territorio. Animato da spirito filantropico, non lesinava il proprio aiuto finanziario, oltre che morale, alle persone che glielo chiedevano. Ogni domenica, alla guida del suo “Motom” e, in seguito, di una scoppiettante “Vespa” (sulla quale caricava il suo fedele cane Tobia) si recava all'ospedale di Sarzana per portare conforto agli ammalati.
Si sposa con Bianchi Francesca (Dulia) che, portandogli in dote vari beni posseduti ad Ortonovo e alle Colline del Sole, allarga sensibilmente il patrimonio famigliare. Dal matrimonio nascono Tina ed Angelo. Tina vive oggi nella casa del nonno accanto alla mamma.
Angelo, nato nel 1946, ricorda con accenti di viva nostalgia i momenti della propria infanzia trascorsi nella nostra bella campagna (oggi meno bella per il sorgere di una infinità di abitazioni che ne hanno alterato profondamente il paesaggio). Con i numerosi compagni di gioco “scalava” volentieri le montagnole di “marciaferro” che sorgevano qua e là attorno ai vari pozzi delle miniere, per fare la cernita della lignite, solo per il gusto della ricerca, nella speranza, ingigantita dalla fervida fantasia, di rinvenire qualche improbabile “pepita”.
I laghetti sparsi nella campagna erano teatro di battute di pesca all'amo, con reticelle o con la “mazzacola” per la cattura di anguille, ranocchi e di quanto altro ben di Dio poteva rinvenirsi in quei limpidi e tranquilli specchi d'acqua. Le “battute” spesso si spostavano lungo il Canale Irrigatorio, serpeggiante fra folti canneti. In estate esso era frequentato da torme di ragazzini impegnati pazzamente a farvi tuffi, salti, nuotate …. e intanto il guardiano del Canale (buon uomo in verità, ma rigorosamente ligio ai propri compiti) sottraeva loro i vestiti, lasciandoli nudi ad asciugarsi al sole, inconsciamente felici di quella avventura. Anche il torrente Bettigna costituiva un provocatorio invito a fare il bagno o condurre altri giochi nelle sue larghe pozze, dentro le numerose, spumeggianti cascatelle…. e quante scorpacciate di fichi, ciliegie, uva, more, pere lungo gli argini dei polverosi viottoli che portavano al mare, o nei poderi vanamente protetti da recinzioni di filo spinato o di filo delle segherie!
Ma quella dorata infanzia ha presto fine e Angelo a 13 anni entra in Arsenale come allievo operaio. A 18 anni si risvegliano le “voglie” giovanili, e le sale da ballo “Zena”, “Messico”, “Pirata” costituiscono indifferibili occasioni per incontri, resi più “redditizi” quando l'intraprendente Angelo diventa proprietario di una “600”. Tuttavia non trascura gli interessi della scuola e quelli del vero amore. Infatti si diploma geometra a La Spezia e, divenuto più grande, si sposa con Giulia Silvano, attualmente insegnante di Inglese nella scuola media Dante Alighieri.
Dopo aver ristrutturato la casa del nonno paterno, vi prende stabile dimora con la moglie e i due figli: Fabio laureando in Economia Marketing e Linda che associa ai propri studi universitari di Scienze della Comunicazione la passione per la danza frequentata da diversi anni con entusiasmo.
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