Famiglia LAGOMARSINI
LAGOMARSINI, LAGOMARSINO: tipico della Liguria, dovrebbe derivare da un soprannome legato al vocabolo dialettale ligure lagö (sorta di lucertolone) e da Marsus, cognomen che deriverebbe da Marsus figlio della maga Circe.
Potrebbe derivare dal toponimo di origine romana Lumarzo da Lucus Martius? Lumarzo è stato chiamato Limarci o Lima ree e nel 1100 un documento conservato all'Archivio di Stato di Genova testimonia l'esistenza di un piccolo borgo, appunto Limarce, che si trovava al confine fra la contea di Lavagna e il territorio di Genova.
Il paese di Lumarzo è in cima a un bosco di castagni. Lo si vede già da lontano: è disteso al sole. Più in su cominciano gli alberi di rovere. Poche case, ventitré anime. Di qui, nel 1897, quando aveva due mesi, Natalina Casagrande emigrò negli Stati Uniti con la famiglia: questa era una terra da bestiame. La piccola Natalina, però, in un modo o nell'altro, riuscì a passare alla storia: sarebbe diventata la mamma di Frank Sinatra. La casa dove è nata la mamma di Sinatra è intonacata di fresco, tre piani, numero civico 247. Sotto le finestre dove vide la luce Natalina c'è una nicchia con una Madonnina: “Porta fortuna-spiegano-dicono che una volta ci fosse il colera. Lontano dalla statuetta la gente moriva, ma il paese si salvò”. La mamma di The Voice era nata il 26 dicembre del 1896. Negli Stati Uniti sposò il siciliano Antony Martin Sinatra, un pugile dilettante. Si erano stabiliti a Hoboken, nel New Jersey. La domenica 12 dicembre del 1915 nacque Francis.
La famiglia Lagomarsini compare per la prima volta, nei registri castelnovesi, col nome di Giò Batta detto “Brusone” da Chiavari (Lumazzo), coniugato a Castelnuovo con Boggia Maria Maddalena il 19 settembre 1767.
Le notizie riportate sopra sono state confermate dagli ultimi discendenti che ci hanno fornito altre informazioni non trascritte in documenti ufficiali, ma comunque fedelmente tramandate di padre in figlio.
Veniamo così a sapere che una coppia di sposi di questa famiglia proveniente da Chiavari, si era precedentemente trasferita a Fosdinovo a mezzadria dei Malaspina, recando con sé le poche masserizie che potevano essere custodite in un “fazzolettone”. Tanta era la miseria di quei tempi….!
I due giovani vanno ad abitare in località “Casale”, in prossimità del “Tofo”: un grumo di antiche case di sasso arroccate su un alto pianoro, al di qua del canalone che lo separa dal sovrastante paese di Fosdinovo. Da lassù, protetti alle spalle dal verdeggiante arco delle colline, si domina un superbo panorama sulla vallata del Magra.
Le condizioni economiche di quel tempo favorivano la prolificità delle famiglie per il vantaggioso contributo che essa dava alla forza lavoro; e infatti da questo ceppo nasceranno molti figli che a loro volta costituiranno i vari rami di questa famiglia, attualmente sparsi in un'ampia zona da Avenza a Castelnuovo, fino ad Ameglia e Romito.
I principi di onestà e di laboriosità inculcati dai progenitori, hanno costituito un valido patrimonio nei discendenti i quali oggi occupano posizioni di tutto rispetto nei vari campi imprenditoriali, commerciali e professionali.
Proseguendo nell'itinerario storico di questa stirpe, incontriamo Giuseppe Lagomarsini nato nel 1879 che, provenendo dal “Casale”, si trasferisce a Palvotrisia.
Con i risparmi di tanti anni di lavoro acquista un podere e una casa colonica, con annesso pollaio, fienile ed una stalla a piano terra, utile fonte di calore animale per riscaldare le stanze al piano superiore.
Resta vedovo assai presto della 1ºmoglie Angela con quattro figli a carico: Benvenuto, Giuseppe, Pietrina e Agricolo.
In seconde nozze sposa la castelnovese Tendola Maria (a sua volta vedova con tre figli: Assunta, Rosa e Carolina) la quale darà alla luce Gilda, Pacifico e Dilva.
Giuseppe, allo scoppio della prima guerra mondiale, viene richiamato al fronte dove, in fanteria, si sottopone a tutti i disagi e alle sofferenze che il conflitto comporta.
Dopo il ritorno a casa, mette in pratica con solerzia ogni sua energia per lasciare ai numerosi figli un patrimonio in grado di assicurare loro un miglior avvenire. Di vedute moderne, ritiene vantaggioso donare al Comune parte dei propri terreni per realizzare l'attuale via della Resistenza che collega la “Miniera” con la frazione di Palvotrisia.
Il primogenito Benvenuto, nato nel 1905 dal primo matrimonio di Giuseppe, si sposa con Balleri Irene che gli dà due figli: Rosolino e Germano.
Rosolino ha sposato Bacigalupi Anna ed ha avuto due figli : Eros e Stefano.
Germano, della classe 1933, dopo il conseguimento della licenza elementare, entra, ancora in età giovanile, in Ferrovia, presso il compartimento di Genova, che per sette anni lo terrà lontano da casa.
Ottenuto il trasferimento alla stazione ferroviaria di Sarzana, rimane in servizio fino all'età della pensione.
Germano nel 1958 aveva conosciuto la compaesana Giovanna Bianchini dalla quale, dopo il matrimonio celebrato nel 1961, sono nati Andrea nel 1962 e, nel 1968, Francesca.
Andrea attualmente lavora in proprio con altri soci nel settore carpenteria in ferro, mentre Francesca, dopo il conseguimento della maturità scientifica, ha seguito le prime esperienze di studio universitario per impegnarsi poi nell'attività lavorativa come impiegata.
La famiglia Lagomarsini (via Canale)
Pare che questa famiglia derivi da un primitivo ceppo abitante a Chiavari e che alcuni discendenti, pastori di pecore, emigrassero tempi addietro nelle colline del Vara, trovandovi buoni pascoli nel territorio di Pignone. Da lì alcuni discesero verso la zona marittima trasferendosi ad Ameglia, continuandovi il mestiere di pastori; altri a Fosdinovo, lavorandovi come contadini, ed altri ancora a Castelnuovo Magra pure essi come agricoltori. In questo capitolo esamineremo il ramo castelnovese, partendo da Pinetto Lagomarsini. Egli fu dapprima mezzadro dei Bello con abitazione in via Robino; in un secondo tempo, dopo il matrimonio con la compaesana Tognoni Maria, compra casa e terreni nella zona di via Carbonara nei pressi dell'attuale campo sportivo. Acquistò anche dei terreni sotto ferrovia, in via Alta.
Pinetto era dotato di una fervida fantasia e di un marcato senso della meccanica. Queste qualità lo tenevano occupato, quando era libero dagli impegni della terra, in piccoli lavori di tipo hobbistico, come la riparazione di sveglie, orologi, pendole e perfino di fucili da caccia. A questo riguardo costruiva lui stesso i pallini colando il piombo fuso in semplici congegni che ne regolavano il diametro a seconda delle esigenze d'uso. Queste doti naturali, vero patrimonio per chi sappia opportunamente sfruttarle, saranno trasmesse al figlio Armando e poi al nipote Annunzio, i quali - specialmente il secondo - avranno modo di applicarle per la realizzazione di sorprendenti congegni meccanici. Trascorreva la gran parte del tempo all'aria libera, nella silenziosa campagna di via Alta accudendo ai lavori dei suoi campi, e dove la moglie Maria gli portava ogni giorno la “merenda” ben custodita in una capace “panera”.
Nel 1904 nasce il primogenito Armando a cui seguono, a breve distanza, le nascite delle tre sorelle Amelia, Zenina e Delina, risultate poi assai longeve.
Armando, già ottimo muratore, mise a punto alcuni marchingegni che suscitarono una larga meraviglia per la loro originalità e la loro efficienza. Ricordiamo una lucidatrice a scoppio con motore “a testa calda” utilizzata per levigare la prima volta il pavimento “alla veneziana” della chiesa del Sacro Cuore di Molicciara. Fu una invenzione veramente rivoluzionaria per quei tempi se si pensa che fino ad allora tale operazione veniva eseguita con l'uso di una “capra”: un robusto bastone alla cui estremità era fissato uno smeriglio, opportunamente appesantito con sacchi di sabbia. Esso veniva fatto scivolare a forza di braccia sul materiale da levigare. Realizzò anche un originale verricello a motore per asportare periodicamente i fanghi dall'alveo del Canale Lunense. Nel 1925 prende in moglie Andreani Ada e, avuto il primogenito Vittorino, dapprima va ad abitare presso la famiglia in via Carbonara e poi nella propria casa in via Robino a Molino del Piano, dove nascono Mario e Annunzio.
Durante la IIº guerra mondiale lavora presso le locali miniere di lignite eludendo il servizio militare grazie alle leggi allora vigenti in difesa di tali lavoratori. Pur non appartenendo ad alcun credo politico, si avventura nel “passaggio del fronte” per raggiungere Pisa e condurvi certi lavori edili nella casa del prof. Guido Ferrarini, danneggiata dalla guerra. Resta nel capoluogo toscano per molto tempo, anche dopo la fine del conflitto, impegnato in opere di ricostruzione dei ponti demoliti dai tedeschi durante la ritirata.
Dopo il rientro a Castelnuovo, lavora intensamente nel quadro della “ricostruzione” impegnandosi in opere murarie nella proprietà del prof. Sergio Ferrarini (figlio di Guido) da questi già apprezzato durante il soggiorno pisano. Armando muore nel 1982 all'età di 78 anni.
Vittorino, dopo aver completato gli studi presso l'Accademia di Belle Arti di Carrara, frequenta la facoltà di architettura all'università di Firenze superando molti esami; ma interrompe gli studi a causa di sopravvenuti impegni nell'azienda paterna. Si sposa con la triestina Colmani Paola da cui ha due figlie: Sandra e Renata. Mario, ultimate le scuole per motoristi navali a Marina di Carrara, emigra in Uruguay, in cerca di fortuna presso certi parenti. Dopo un'assenza di tre anni rientra in Italia e prende lavoro presso la ditta famigliare appena costituitasi, svolgendovi l'attività di autotrasportatore. Sposatosi con Tornabuoni Iole ha due figlie: Francesca e Catia.
Annunzio nasce nel 1932; completa gli studi medi presso il collegio di Soliera diplomandosi poi motorista navale presso l'Istituto E.N.M. di Marina di Carrara, per imbarcarsi subito dopo 1 anno. Dopo l'interruzione per il servizio militare di leva, riprende a navigare fino a raggiungere il grado di ufficiale di macchina.
Si dimette dal servizio e con i guadagni realizzati entra nella “Società edile fratelli Lagomarsini”; si sposa con Azzarini Emilia. Le favorevoli condizioni del dopoguerra, ma soprattutto la serietà e l'efficienza della Ditta, consentono a questa di realizzare molte opere in un'ampia zona fra Castelnuovo e S. Stefano Magra. Alla fine degli anni '60 la società viene sciolta e Annunzio si mette in proprio.
Nel 1968 subisce un grave incidente sul lavoro connesso con l'esplosione di una caldaia che gli procura profonde ustioni sul corpo rendendolo inoperoso per vari mesi. Dopo il periodo di cura e convalescenza, riprende l'attività lavorativa pur essendogli riconosciuta un'invalidità del 85%, e soltanto nel 1978 abbandona ogni attività imprenditoriale passando a quella privata.
Annunzio, dotato di felici intuizioni nel campo meccanico e nella fisica applicata, merita a buon diritto il titolo di prosecutore di quelle capacità di inventiva già riscontrate nel padre Armando e ancor prima nel nonno Pinetto, raggiungendo livelli ancor più ampi e complessi. Già a 11 anni aveva costruito con i fratelli, pur essi molto giovani, un motoscafo in legno ancor oggi perfettamente funzionante.
Durante il suo lavoro nell'impresa famigliare mette a punto un attrezzo (sul proprio camion), capace di movimentare, col solo aiuto di una persona, le pesanti ed ingombranti “canale” in cemento per l'irrigazione collegata al Canale Lunense. Questa ed altre invenzioni, di grande rendimento sul lavoro, consentono all'impresa di abbassare le offerte d'asta in occasione di molti appalti, e quindi di allargare notevolmente l'attività e i guadagni. Così avviene in occasione dell'allestimento di certi capannoni con intelaiatura in ferro della società Dalmine, commissionati dalla Ceramica Vaccari e che viene effettuato con attrezzature meccaniche rudimentali messe a punto da Annunzio.
Inventa pure un attrezzo atto a liberare con estrema rapidità l'anima di metallo dall'involucro di plastica nei cavi elettrici di qualsiasi diametro.
Sarebbe troppo lungo enumerare i vari marchingegni e le soluzioni tecniche realizzati da questo autentico inventore; ma l'opera maggiore che lo ha fatto conoscere a livello internazionale è stata la costruzione di una “casa mobile”, che presenta caratteristiche veramente rivoluzionarie.
Può venir sollevata fino all'altezza di 13 metri al colmo del tetto, può scorrere su un binario e ruotare orizzontalmente di 360º; può resistere a qualsiasi evento tellurico, essendo in grado di sopportare una inclinazione di 35º. La costruzione è dotata di tutti gli impianti per il normale utilizzo abitativo, ha una superficie di 110 metri quadrati con un peso complessivo, essendo realizzata in muratura con laterizi, di 55 tonnellate, ed è appoggiata su un meccanismo a tralicci zavorrato , del peso di 60 tonnellate. E' totalmente smontabile a misura di container e perciò è trasportabile (operazione già svolta dalla vecchia sede di via Robino all'attuale via Canale).
Questa costruzione ha ottenuto l'onore delle cronache internazionali essendo stata illustrata da giornali e riviste fra le quali la prestigiosa “Nest” americana. Anche i tre canali della RAI hanno curato servizi speciali andati in onda recentemente.
E' interessante spiegare i motivi che hanno spinto Annunzio Lagomarsini a sobbarcarsi il peso di una tale realizzazione, lavorando sempre da solo e senza l'aiuto di nessuno! Tutto era nato, per puro orgoglio personale e contro il parere di tutti i famigliari, dal desiderio di creare una struttura abitativa ad orientamento variabile ed in grado di soddisfare qualsiasi esigenza, specie in previsione di una postuma vecchiaia del fruitore. La casa si eleva (è proprio il caso di dirlo) su un ampio spiazzo nel quale compaiono altre “invenzioni” di questo personaggio: una girante a vento in grado di produrre ed immagazzinare aria compressa, munita di anemometro azionato da pale orizzontali flottanti; accanto si eleva un marchingegno sollevabile con un semplice meccanismo, munito di sistema girante tipo velico che agisce su un altro anemometro.
I coniugi Lagomarsini hanno due figli: Patrizia e Armando.
Patrizia è laureanda in lingue, mentre Armando - ingegnere meccanico - ha ricoperto incarichi di responsabilità e di direzione presso la FIAT, la SKF, la E.T.N. Attualmente è direttore presso la MARELLI di Bologna. Ha due figli: la tredicenne Michela e il piccolo Massimo.
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