Famiglia GRASSI
GRASSI, GRASSO: potrebbero derivare da soprannomi legati a caratteristiche fisiche, trasformate prima in nome e poi in cognome.
Il primo Grassi registrato a Castelnuovo risulta essere Giacomo di Giò Pietro detto “il grasso di Caprignano”, battezzato l’ 11 marzo 1571.
La famiglia Grassi (degli “Arcolin”)
Fin dall'inizio del 1500 la popolazione castelnovese annovera alcuni rami della stirpe Grassi, spesso imparentati tra loro, come quella degli “Arcolin”, dei “Canuti” ed altri.
Quella degli “Arcolin” prende il soprannome forse dall'origine geografica da cui deriva (Arcola); poi si stabilisce nella zona pedecollinare di Castelnuovo a Montecalcoli, nei pressi della villa Cucchiari.
Domenico Cucchiari (1806-1900)
Fu un uomo d'azione e, come tale, il secolo in cui visse gli fu adatto: esercitata per poco la professione forense venne presto coinvolto nelle travolgenti vicende politiche risorgimentali: dopo i moti del 1831 fu esiliato e, in seguito, condannato a morte. Per fortuna era già fuggito in Francia dove entrò in contatto e strinse durevole amicizia con Mazzini.
Trasferitosi in Portogallo seguì la carriera militare. Era tenente colonnello quando Mazzini, nel 1848, lo richiamò in patria a combattere per la causa italiana. Da allora non v'è battaglia risorgimentale che non l'abbia avuto protagonista.
Partecipò a 12 campagne di guerra meritando 15 decorazioni. Nel 1860 i suoi contemporanei lo elessero Deputato al Parlamento dove restò per molte legislature rappresentando, con Giuseppe Garibaldi, quella classe politica che, deposta la spada, sapeva rendersi utile anche altrimenti. Morì a Livorno vecchio di 94 anni.
Grande Ufficiale dell'Ordine Militare d'Italia data del conferimento: 16-1-1860 R.D. n. 42.
Per quasi 200 anni questa stirpe dei Grassi condurrà a mezzadria i terreni dei Cucchiari prima, e dei Del Conte poi.
La memoria storica relativa a questa famiglia non si spinge oltre a Enrico Grassi nato nel 1877, mezzadro, ma anche proprietario di piccoli appezzamenti di terreno, insieme col padre ivi insediatosi fin dall'età di 4 anni. Si sposa con Enrichetta Ponzanelli dell'Olmarello la quale gli porta in dote solo il proprio amore e la grande voglia di lavorare, essendo di famiglia molto modesta. La cerimonia religiosa si svolge con rito assai semplice se si pensa che la povera Enrichetta si presenta all'altare indossando l'unico vestito delle feste di cui è in possesso, lavato il giorno precedente e stirato la mattina stessa del matrimonio!
Nascono 6 figli di cui tre maschi: Emilio nel 1899, Mario nel 1904 ed Eugenio nato qualche anno più tardi.
La Grande Guerra vede impegnati contemporaneamente al fronte il padre e il figlio Emilio, il primo nel reparto sussistenza nelle retrovie (a causa della propria età molto avanzata), il secondo come artigliere sul Carso, richiamatovi - con gli altri numerosi “ragazzi del 99” - dopo Caporetto.
Per la giovane Enrichetta corrono tempi assai difficili, dovendo provvedere con le sue sole forze al sostentamento dei figli ancora piccoli.
Al ritorno dal fronte padre e figlio riprendono l'antico lavoro dei campi che fornisce un cespite molto modesto, appena sufficiente per la sopravvivenza quotidiana.
Tuttavia un piccolo contributo deriva anche dal lavoro di Emilio presso le vicine fornaci Filippi e che gli permette di prendere in moglie nel 1928 la compaesana Nardi Anita, da cui avrà l'unico figlio Andrea nel 1932.
Anche l'ultimo conflitto mondiale vede
la famiglia Grassi coinvolta - come tante
altre famiglie della zona - in drammatiche circostanze. Infatti il figlio Eugenio sposa Bonvicini Diana di Molino del Piano, ma poco tempo dopo le nozze viene richiamato sul fronte greco-albanese dove trova la morte nel corso di una azione di guerra.
Nel 1945, sul finire del conflitto, durante l'avanzamento del fronte americano, la famiglia Grassi abitante a Montecalcoli riesce a sopravvivere ai violenti scontri armati fra le ultime resistenze tedesche e gli alleati, prendendo riparo in una galleria precedentemente scavata nella collina o sotto ripari di fortuna in cantina dentro botti di legno. Il padre Enrico trovandosi a Marciano viene ferito di striscio da una pallottola vagante.
Nel dopoguerra Emilio riprende il lavoro presso le fornaci Filippi come carrellista per il trasporto dell'argilla e come meccanico nell'impianto di formatura dei laterizi, mantenendo quell'attività fino all'età della pensione. Muore verso la metà degli anni '80.
L'altro fratello Mario si era sposato con Bonatti “Vannina” di Molino del Piano che lo lascerà vedovo. Risposatosi sul finire della guerra con Maria Cipollini di Castelnuovo ha avuto una figlia, Elsa.
Giungiamo così all'ultima generazione con Andrea nato, come sopra ricordato, nel 1932, l'ultimo dell'antica stirpe dei Grassi “Arcolin”.
Diplomatosi ragioniere nel 1951 trova subito impiego presso il Credito Italiano, dove rimane per 19 anni raggiungendo il grado di funzionario.
Nel 1955 si era sposato con Baudone Carla.
Svolge poi la propria importante attività presso l'Istituto Bancario Italiano di La Spezia in qualità di vicedirettore e poi di direttore fino al 1984.
Dal 1984 al 1998 assume la funzione di amministratore delegato della società Intermarine di Ameglia, per tornare in banca presso la Cassa di Risparmio di La Spezia con la funzione di direttore generale, fino all'età della pensione nel 1994.
Dal matrimonio con Baudone Carla sono nate due figlie: Mara, impiegata presso la Banca Commerciale di Castelnuovo Magra, e Anna Maria, dirigente presso un'azienda navalmeccanica di La Spezia. La famiglia Grassi (dei “Lumìn”)
Già in altre occasioni abbiamo riscontrato come certi soprannomi derivino da semplici fatti di cronaca che, rielaborati dalla fantasia popolare, acquistano una valenza di straordinaria efficacia, capace di sostituire l'identità anagrafica delle persone.
E' questo il caso anche della famiglia Grassi che, a partire da un certo Andrea ('Ndrin), viene ribattezzata dei “Lumin”.
Infatti questo concittadino, sul finire del 1800, abitava a Castelnuovo in via Provinciale, all'altezza dell'innesto con quella che conduce al torchio “La Valle”, zona illuminata a quel tempo da un fioco lampione pubblico: un “lumino” insomma. Tale riferimento diventa a poco a poco un richiamo toponomastico e il soprannome di Grassi, abitante nell'unica casa ivi presente.
La nostra storia ha inizio con questo personaggio, autentico castelnovese, nato verso il 1870. Svolge il lavoro di mezzadro alle dipendenze dei Samengo di Genova, proprietari di grossi appezzamenti di terra in località “La Cerreta” e della villa che poi sarà acquistata dai Baracchini.
Si sposa con la compaesana Adele dalla quale ha 8 figli: Cesira, Lina, Persia, Dante, Mario, Luigi, Davide, Egidio.
Mentre Dante e Mario continuano la tradizione contadina dei famigliari, gli altri fratelli si differenziano nelle occupazioni lavorative. Infatti Davide diventa conduttore di macchine a vapore nelle ferrovie, agli inizi della loro istallazione; Luigi diventerà esercente della trattoria-bar adiacente alle Fornaci Filippi; Egidio morirà in giovane età durante la prima guerra mondiale, lasciando due orfani e la moglie che andrà poi sposa al cognato Davide. Quest'ultimo abbandonerà la famiglia trasferendosi a Fidenza dove morirà.
Mario partecipa al conflitto '15 -'18 rimanendo invalido per congelamento ai piedi. Tornato alla vita civile continuerà il lavoro di contadino, ma in proprio. Si sposa e ha 5 figli: Anna e Carla abitanti oggi a Colombiera, Fabio (deceduto) emigrante in Svizzera, Ezio (deceduto) invalido della IIº guerra mondiale a causa dello scoppio di una mina a Molino del Piano, Fausto mediatore e commerciante in bestiame, oggi abitante a Montefrancio di Castelnuovo.
Dante nasce nel 1892, come il fratello Mario partecipa alla Iº guerra mondiale, tiene una fitta corrispondenza con la moglie Morachioli Angela, l'unica nel circondario in cui abita a saper leggere e scrivere, avendo frequentato la V elementare. Per questo motivo è tenuta a sbrigare anche la corrispondenza inviata al paese dai commilitoni del marito.
Dante non conosce bene la lingua italiana e anche nel linguaggio verbale si esprime in dialetto castelnovese; in una cartolina scrive: “A son 'n ten monte tanto auto ch'a sento 'i Angeli lustrare i cuciai” (il senso è chiaro, come pure evidente è la sottile vena poetica che emerge in questa semplice immagine).
Le parole che spesso compaiono nei suoi scritti sono “palina”, “bagaron”, in riferimento alle sue difficili condizioni finanziarie; e ciò fa nascere una certa diffidenza presso gli addetti alla censura, ritenendo costoro che tali parole nascondano termini di un codice segreto attinente allo spionaggio!Ma fortunatamente per Dante il suo comandante Dujardin di Castelnuovo Magra, conoscendone bene le virtù di soldato, allontana ogni dubbio sul suo comportamento, e sul contenuto dei suoi messaggi.
Dalla moglie Angela avrà, a guerra finita, ben 7 figli: Vilma, Tolmino, Vaifro, Silvana, Sara, Germana e Mario.
Dante, già a mezzadria (come il padre) dei Samengo e poi dei Baracchini, cambia padrone divenendo mezzadro dei Pucci e infine dell'ingegner Cornelio, prendendo dimora nell'attuale abitazione dei discendenti, in via Provinciale a metà collina, nella località “Ca' dei carri”, così chiamata per la presenza di una antica fabbrica di tali veicoli.
Durante l'ultima guerra svolge il lavoro di custode a palazzo Cornelio (attuale sede comunale), abbandonato temporaneamente dai proprietari.
Durante la resistenza, alcuni partigiani fanno irruzione nel palazzo con l'intenzione di prelevare le quattro ruote di un'auto che era stata occultata nella zona di Rabò. Esse erano state nascoste in una cisterna della villa, luogo ben noto a Dante il quale tuttavia si rifiuta di confessarne l'esistenza. Allora i partigiani lo trascinano in un campo vicino e lo legano ad un palo obbligandolo a svelare il nascondiglio. La confessione non tarda a venire e l'auto viene trasferita ai monti. Anche la sua abitazione a “Ca' dei carri” verrà più volte “visitata” da partigiani, tedeschi e repubblichini che mettono a dura prova la sopravvivenza dell'intera famiglia.
Terminiamo questo capitolo denso di nomi appartenenti alla stessa famiglia, ponendo in evidenza alcune note di cronaca riguardanti i discendenti di “Dante dei Lumìn”, ricordati sopra:
Tolmino ha proseguito nell'attività di agricoltore.
Vaifro per molti anni è stato dipendente delle ferrovie dello Stato.
Lidio ha svolto il lavoro di idraulico.
Silvano ha avuto diverse esperienze lavorative: dapprima come autista nella società Pertusola di La Spezia, poi analista nella Società Mineraria Ferromin di Lavagna, in seguito autista con la Brun Caprini e infine (fino al 1985) con l'A.T.C. . Oggi in pensione, vive con la moglie Luisa Antonelli, la figlia Luciana, sposata con Gherardi, e la nipote Fiorenza, nell'abitazione propria a “Ca’ dei carri”.
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