Famiglia FILIPPI


DE FILIPPI

FILIPPI, DE FILIPPI: Filippi è diffuso in tutt'Italia, con prevalenza al centro nord; derivano entrambi dal nome greco Philippos, latinizzato in Philippus, formato da philo da philein, "amare", e hippos, "cavallo", quindi "che ama i cavalli, le corse dei cavalli". Il nome Filippi compare già negli Atti degli Apostoli, dal versetto 16, 11: Salpati da Troade, facemmo vela verso Samotracia e il giorno dopo verso Neapoli e di qui a Filippi, colonia romana e città del primo distretto della Macedonia. Restammo in questa città alcuni giorni; il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne colà riunite… Lo troviamo ripetutamente nella storia italiana come cognome di famiglie di imprenditori,: .... Un primo giro di Ferrara deve avere inizio da quello che è considerato il simbolo della città: il Castello D'Este, posto al centro della struttura radiata urbana e a tutt'oggi circondato dall'acqua. La fortezza fu edificata, a partire dal 1385, per volontà di Niccolo II D'Este al fine di proteggere la famiglia da eventuali sommosse popolari. Per diversi decenni il castello fu solo una potente macchina militare, fino a quando, a partire dal 1450, venne progressivamente trasformato in dimora signorile e spazio per la corte, con continui abbellimenti interni ed ampliamenti, tra i quali primeggiano tre Saloni d'Onore con affreschi della seconda metà del '500, attribuiti alla famiglia Filippi il cui esponente di maggior talento fu Sebastiano Filippi detto Bastianino, noto manierista ferrarese già allievo di Michelangelo. Questo cognome lo troviamo ripetutamente, in tutta la penisola italiana, come cognome di famiglie di imprenditori nei più disparati settori, dall'agricoltura, all'industria, al commercio. Molti sono i Filippi emigrati soprattutto in Australia dove hanno saputo onorare il loro paese di origine. Una delle famiglie imprenditrici che hanno rappresentato un periodo assai importante nello sviluppo occupazionale ed economico della bassa Val di Magra, ed in particolare del comprensorio Castelnuovo ed Ortonovo, è stata quella dei Filippi. Questa famiglia ha origini assai lontane nel tempo e nel luogo, derivando dalla zona centrale della Toscana, forse - a quanto ci è stato riferito dagli ultimi discendenti - da Signa. Un Filippi si era trasferito nel territorio di Massa Carrara, quando questo faceva parte del Ducato di Modena, il di lui figlio - Giuseppe - ancora in giovane età, si allontana da casa in cerca di fortuna. Inizia il lavoro di carbonaio le cui fatiche e la cui esperienza lo temprano nel carattere e nello spirito di adattamento. Si trasferisce nel comprensorio castelnovese dove lavora nella locale fabbrica di mattoni di proprietà di un certo Ghizolfi di Sarzana; sarà costui che ne proporrà l'acquisto a Giuseppe, divenuto nel frattempo capo fornace e pretendendone un pagamento molto dilazionato. Giuseppe Filippi accetta la proposta assai vantaggiosa divenendo proprietario di una azienda che, sotto la nuova direzione e grazie alla buona qualità dell'argilla reperita in loco, molto presto guadagna la fiducia presso una clientela che si allarga sempre più. Siamo nell'anno 1861 e in questa nascente industria i laterizi vengono ancora confezionati con metodi artigianali, ma tuttavia tradizionali, che consistono nell'omogeneizzare l'argilla pestandola con i piedi dentro larghe tinozze, assemblandola poi in stampi di legno per conferire la forma di mattone. Un primo essiccamento di questi manufatti viene effettuato all'aria aperta su lunghi graticci di legno riparati dalla pioggia, chiamati “gambette”. La cottura avviene col sistema a “pignone” che ricalca quello delle carbonaie: il materiale assemblato in cumuli a forma di cono munito di camino e coperto da uno strato di fango, viene cotto alla fiamma sprigionata dapprima da paglia e mantenuta poi da carbone (questo combustibile veniva acquistato dalle locali miniere di lignite sparse nel comprensorio castelnovese). Al termine dell'operazione di cottura, squadre di muratori e manovali provvedevano a demolire l'incastellatura e ad estrarne la “carica” ormai pronta e ancora caldissima. Queste procedure prive di ogni automatismo meccanico richiedevano abbondante manodopera che veniva reperita fra la popolazione di Castelnuovo Magra e dei paesi vicini, in particolare di Ortonovo. Gli operai venivano pagati “a cottimo”, a seconda della quantità di lavoro prodotto, consentendo l'occupazione di intere famiglie, con maestranze spesso molto giovani. Il prodotto, dalle caratteristiche tecniche particolarmente buone, consente all'azienda di vincere molte gare di appalto per la costruzione delle gallerie ferroviarie della tratta La Spezia - Genova. Tale circostanza concorre sensibilmente allo sviluppo delle “Fornaci Filippi”, che si allargano sempre più, superando la quota di 200 dipendenti, con benefiche ripercussioni economiche sull'area castelnovese e su quella dei paesi limitrofi. Agli inizi del 1900 Giuseppe Filippi muore di broncopolmonite, lasciando eredi di parte dei beni i figli nati da un precedente matrimonio che costituiranno poi il ramo dei Filippi di Sarzana, mentre la fabbrica passerà a Paolo, Vito e Iole nati dal secondo matrimonio con Camorani Maria di Massa. Sotto la direzione dei nuovi titolari, la fornace si arricchisce di strutture più moderne, specie quando nel 1917 viene acquistata la prima macchina impastatrice e formatrice in grado di produrre un materiale più omogeneo dal punto di vista delle qualità tecnico-fisiche, e manufatti differenziati per i vari impieghi: si fabbricano mattoni forati, tabelloni, tegole, coppi e quanto di più vario viene richiesto dall'edilizia, venendo preparati persino eleganti vasi in cotto per fioriere. Anche la cottura dei laterizi col tempo verrà effettuata ricorrendo a combustibili più pratici (petrolio) e con automatismi all'avanguardia (forni Hoffmann). Sarà soprattutto Vito Filippi (nato nel 1889) a dare nuovo impulso alla fabbrica, mettendo a buon frutto le esperienze acquisite in Germania durante un suo soggiorno di studio, interrotto perché richiamato in Italia dalla grave infermità del fratello Paolo colpito da “Spagnola”. Vito si sposa con Francesca Lazzoni appartenente al casato dei Conti Lazzoni di Carrara, dalla quale ha tre figli: Almo e Gregorio, che lavoreranno ancora in fabbrica, e Chiarella andata poi in sposa al dott. Pietro Serri (pediatra) di Marina di Carrara. Vito, uomo di grande cultura e di notevoli esperienze direttive, viene nominato podestà di Sarzana; durante tale incarico provvede ad eseguire molte opere fra le quali la ristrutturazione del palazzo vescovile in Via Mazzini, sotto condizione (poi verificatasi) che l'allora Vescovo Costantini trasferitosi a La Spezia, vi prendesse alloggio almeno un mese all'anno. Ciò poteva restituire alla città di Sarzana quel minimo di dignità maturata attraverso secolari pagine di storia civile e religiosa, altre sue opere sono: la costruzione del viale XXI Luglio che porta alla locale stazione ferroviaria; la sistemazione del monumento ai caduti realizzato da Carlo Fontana di cui Vito Filippi era fraterno amico e col quale aveva scelto la modella che rappresentasse la Vittoria; la sistemazione del convento dei frati Cappuccini in località Bradia, e altro ancora. Vito Filippi fu anche nominato presidente del Consorzio di bonifica e irrigazione del Canale Lunense, dopo la morte, avvenuta nel 1916, del predecessore Gen. Adolfo Fiori. Spettò a lui la inaugurazione della grandiosa opera idraulica, terminata nel 1930. Nel 1932, accusato di cattiva conduzione amministrativa inerente a questo suo incarico, fu costretto a lasciare tale mandato. Negli anni '80 la fabbrica di laterizi, oberata dai debiti connessi anche con la crisi del petrolio, e non più in grado di sostenere la concorrenza, fu costretta a chiudere i battenti e a concludere un'epoca ultracentenaria di successi nel campo tecnico e commerciale. Nella foto di gruppo: un momento dell'inaugurazione del Canale Lunense alla presenza delle autorità politiche e religiose. Vito Filippi è il secondo da destra con il cappello in mano. All'estrema sinistra il Vescovo Costantini.

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