Famiglia BENETTINI
BENETTINI: dal verbo latino “benedicere” “consacrare, benedire”.
Cognome diffuso in tutta l'Italia, come derivazione del primo nome “Benedictus”, molto diffuso, poiché espressione di un augurio: l'essere sotto la benedizione del Signore permetteva di affrontare con spirito cristiano anche le più gravi avversità della vita. Il nome, divenuto nella prima versione volgare Benedetto e, come variante, Vendetto o Venditto, ebbe grande diffusione per l'autorevolezza di san Benedetto da Norcia, fondatore attorno al 529 del monastero di Montecassino.
Il primo Benettini che compare nel registro dei battesimi di Castelnuovo Magra è Luigia di Ser Bernardino, 19 giugno 1576.
Tra i suoi componenti troviamo:
Antonio, battezzato il 19 ottobre 1597, Rettore;
Nicolò, deceduto il 19 giugno 1576, Rettore;
Massio, battezzato il 24 settembre 1629.
L'ultima registrazione è relativa a Nicola del sig. dott. Franco, morto l'8 aprile 1687.
Dal Repertorio Tancredi, rileviamo le seguenti annotazioni: “Questa famiglia non si trova qui compita per non aver avuto stabile dimora in questa parrocchia. Godeva molti beni in altri paesi, e specialmente in Fosdinovo, ove per tempo ha fatto dimora. Altri sono andati in Genova; ed in Castelnuovo ha finito i suoi giorni il R.D. Giuseppe morto il 18 settembre 1805, d'anni 76, sepolto in coro.
Nel 1550 il sig. Benedetto del fu Domenico fondò in questa parrocchia il beneficio ecclesiastico sotto il titolo di Maria Assunta in Cielo, come dal di lui testamento …… La pia volontà del testatore fu eseguita dal sig. Giovanni di lui fratello, e fu aggregato all'altare del rosario. Li obblighi sono: 2 messe al detto altare in ogni settimana, 4 candele di once 3 da tenersi accese dalla mattina fino a che siano consumate al detto altare nel giorno di Maria santissima assunta in cielo.”
Carlotta Benettini, genovese. A lei, che aveva sempre mantenuto rapporti con la famiglia Mazzini, si deve la costituzione del Museo Mazziniano nel palazzo dove si trova tutt'oggi. Gli amici genovesi di Giuseppe Mazzini, quando, tre anni dopo la sua morte, vollero che i suoi ricordi, gli oggetti che aveva lasciato loro, quando di nascosto era venuto a Genova e quant'altro di lui avessero potuto raccogliere, fossero riuniti in un luogo particolarmente significativo. Pensarono quindi alla casa natale, anche se pochi di loro ne ricordavano l'ubicazione, tanto che in un primo momento fu murata una targa in marmo a ricordo sopra l'ingresso di un palazzo prospiciente. Fu una anziana genovese, Carlotta Benettini a far notare l'errore, e a far porre la targa sul palazzo dove si trova tutt'oggi, confortata dal possesso di un disegno, fatto da un mazziniano, Piero Cironi, nel 1852 .
Trovata la casa, iniziò la raccolta di fondi per l'acquisto dell'appartamento. Occorrevano ben 16.000 lire (circa 125.000,00 Euro di oggi), che i Genovesi raccolsero in 6 anni, con sottoscrizioni, lotterie, e proventi da spettacoli. Entrati in possesso dell'appartamento, i promotori dell'iniziativa desideravano fissare una targa marmorea sulla parete della stanza dove era nato Mazzini. Ancora una volta fu la Benettini, che, frugando nella memoria, dette indicazioni preziose: era bambina ed era presente quando nacque Giuseppe; i ricordi erano offuscati, ma non tanto da avere cancellato dalla mente un particolare di quella stanza: una finestrella, con una grata, dalla quale entrava la luce del ballatoio del palazzo. Di essa, purtroppo, non era rimasta alcuna traccia. Narra uno dei testimoni: “Il finestrino non c'era più. Allora tentammo i muri picchiando con pugno e per caso uno d'essi ci rispose con un rumore cupo, ma lungo, segno che dentro c'era vuoto. Forti della nostra qualità di proprietari, preso un grosso martello, ci demmo ad abbattere il muro; fatto un largo buco vi penetrammo. Acceso un lume, mandammo tutti un grido di gioia. L'inferriata murata si presentò ai nostri sguardi; col martello aprimmo uno squarcio. Guardammo fuori: era la camera nuziale dei genitori di Giuseppe Mazzini” .
Nacque così una delle prime case-museo in Italia. Per essere certi che fossero garantite anche per il futuro le finalità per cui era stata acquistata, la proprietà della casa fu ceduta all'Amministrazione Genovese, che in cambio ne assicurò l'apertura in determinate giornate e si impegnò ad arricchirne le raccolte con l'acquisto di libri, opuscoli e giornali mazziniani.
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